Chef Matteo Metullio
di Stefano Cosma
Trieste è una città particolare, cosmopolita, che negli ultimi due secoli e mezzo si è arricchita di nuovi cittadini provenienti da Boemia, Ungheria, Germania, dalle vicine Austria e Slovenia, di comunità serbe e greche, cui si sono aggiunti lavoratori da vari Stati preunitari italiani. Ognuno ha portato la sua gastronomia, la birra, ingredienti dal Mediterraneo. Questo amalgama fatto da nuovi triestini “doc”, chi cattolico, chi ortodosso, chi protestante o ebreo (tutti poco osservanti) mangia e beve di tutto! Da piccolo i nonni ci portavano la domenica in rinomati ristoranti: da Suban o alla Marinella, ma nemmeno quest’ultimo, dove c’era un giovane chef promettente – Vinicio Dovier – che poi avrebbe preso la stella Michelin a Tricesimo, puntava a grandi premi. La vista era sul mare, la clientela soddisfatta. Poi, è arrivato Matteo Metullio, nato a Trieste, ma formatosi in Alta Badia. Me l’ha fatto conoscere in pieno lockdown Luigi Cremona: «Stefano, partecipa a Emergente Chef – mi dice al telefono – fra 2 settimane online. Ti arriveranno a casa gli ingredienti dei piatti che Metullio realizzerà e farà fare ai concorrenti, con il vino (Vitovska di Zidarich)». Così ho scoperto Matteo, su zoom. L’anno dopo l’Harry’s Piccolo dell’Hotel Duchi d’Aosta, dove lavora con l’inseparabile Davide De Prà, prende una Stella Michelin! Ovazione cittadina. Il ristorante si affaccia sulla bellissima piazza Unità, sul mare, a pochi passi dal Municipio, dalla Prefettura e dall’ex palazzo del Lloyd, sede della giunta regionale, di fronte all’antico Caffè degli Specchi. Una piazza spettacolare che accolse le truppe italiane dopo la Grande Guerra, tristemente nota per la proclamazione delle Leggi razziali nel 1938, nuovamente gioiosa per il secondo ritorno di Trieste all’Italia nel 1954. La stessa piazza in cui svettano due enormi portabandiera, dietro una base dei quali Berlusconi fece “cucù” alla Merkel. Ma qui il vero “maramao” l’ha fatto Metullio, sbaragliando tutti e superando ogni più golosa aspettativa: la seconda stella Michelin nel 2022. Un ragazzo simpatico e sorridente, ma altrettanto severo e rigoroso in cucina, che esprime il suo estro innato con facilità. Ogni tanto lo si trova mentre passa fra i tavolini del bistrò a salutare i clienti o a dare disposizioni al personale di sala, oppure sul retro che prende un po’ d’aria. Non sembra affaticarsi, per due anni ha seguito anche i ristoranti che la proprietà ha preso in gestione a Portopiccolo, nella vicina Sistiana. Coordina tutto e nel contempo crea piatti dalla semplicità disarmante eppure dal gusto inebriante. Abbinamenti impensabili fusi in una mirabile sintesi! Siamo diventati amici e lo aiuto a ritrovare quello che per lui in Badia era normale, ma a Trieste no: il piccolo produttore che fa conoscere le sue chicche. Così ho trascinato giù dal Carso alcuni pigri artigiani del gusto: Dario Zidaric con i suoi formaggi, Andrej Skerlj con prosciutto e vini, altri con l’Olio Dop Tergeste e il miele di Marasca. Oggi i loro prodotti arricchiscono soprattutto le ricche colazioni degli ospiti dell’albergo. Matteo e Davide ci riescono perché “se pol”, si può, una parola d’ordine. Fra i loro piatti conquista l’antipasto con carciofi e prosciutto crudo del Carso su deliziosa burrata. E cosa dire dell’Harrysotto? «Cotto in acqua di pomodoro, mantecato col plancton, polvere di cappero, salsa di acciughe e salsa di basilico, non lo abbiamo mai cambiato e lo proponiamo con la Vitovska Anfora di Vodopivec, elegante, fatta magistralmente». Alla Vitovska abbinano anche molluschi, pesce e olio locale. «Di solito ciò che nasce nello stesso territorio si sposa meglio»; io l’ho accompagnata anche alla tenerissima carne di filetto adagiata sulla Rosa di Gorizia e purè di patate. Provate la loro cucina: al ristorante, più impegnativo, o al Bistrò, per turisti gourmet. Grazie alla perseveranza di Matteo oggi l’Harry’s è frequentato anche dai triestini che prima spendevano fuori città per un pasto coi fiocchi.