Alla scoperta degli spumanti in Sicilia: nel calice diversità e qualità
di Salvo Ognibene
Negli ultimi anni, la regione ha visto una crescita notevole nella produzione di spumanti nelle diverse aree di produzione dell’isola. Oggi provengono soprattutto da varietà autoctone ed è l’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio ad avere in corso un apposito e mirato progetto sperimentale sulla spumantistica siciliana per innalzarne la qualità.
La Sicilia, con il suo clima mite, paesaggi mozzafiato e una tradizione vinicola millenaria, è famosa per i suoi vini pregiati ed il percorso enologico di qualità che ha fatto negli ultimi anni: in particolare oltre i vini bianchi, rossi e gli storici dolci, l’interesse per gli spumanti è cresciuto notevolmente negli ultimi anni. Questo cambiamento è stato guidato da una nuova generazione di produttori di vino che hanno abbracciato la viticoltura moderna e l’innovazione tecnologica. La regione offre una vasta gamma di uve che possono essere utilizzate nella produzione di spumanti ma si sta affermando sempre di più con quelle autoctone: una diversità che permette ai produttori di creare spumanti unici con caratteristiche distintive. Primo fra tutti sembra essere stato il Barone Spitaleri che nel 1870 sul vulcano attivo più alto d’Europa dava vita allo Champagne dell’Etna (dopo ripetute prove a partire dal 1858) e primo in assoluto in Italia a dar vita, nel 1872, ad una versione extra dry di Champagne Etna (paragonabile oggi ad una versione brut) da uve di Pinot nero con piccole aggiunte di Pinot bianco e Chardonnay. Sono passati esattamente 151 anni, oggi non si parla più di Champagne o Champenois ma di Metodo Classico: in Sicilia tra i primissimi Tasca d’Almerita, prima con il Pinot Nero nel 1984 e poi lo Chardonnay nel 1987 con un racconto di una filosofia produttiva, che si è evoluta strada facendo, ha guardato alle caratteristiche del vitigno e del territorio da cui proviene. Nel 1990, il primo brut di Murgo con il Nerello Mascalese, fino ad arrivare ad oggi dove la maggior parte degli spumanti prodotti nell’isola, sia da Metodo Italiano che da Metodo Classico, provengono da uve tradizionali: Carricante, Catarratto, Nerello Mascalese, Grillo e, in piccolissima parte, Nero d’Avola.
Certo, non mancano le varianti, spesso uniche, del Nerello Cappuccio, Muller Thurgau, Chardonnay o Frappato. In particolare, fino al 2016, gli Spumanti prodotti con Metodo Italiano, in Sicilia, erano quasi inesistenti: qualche cantina spediva i mosti in altre regioni per riuscire a dar vita alle proprie bollicine, oggi, anche grazie al lavoro di imprenditori lungimiranti che hanno reso disponibile e alla portata di tutti il concetto della tecnologia necessaria per spumantizzare, la maggior parte delle aziende producono spumanti in house e anche di grande qualità: “Dalla vendemmia 2023 abbiamo avviato un progetto sugli spumanti con il Centro di Viticoltura ed Enologia ed il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria che prevede sia metodo classico che charmat – sottolinea Gaetano Aprile, Direttore Generale dell’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio – l’obiettivo è quello di sviluppare vini spumanti siciliani di alta qualità a forte caratterizzazione territoriale”. Catarratto, Grillo e Zibibbo, per le uve a bacca bianca, Frappato, Perricone, Nero d’Avola e Nerello Mascalese per le uve a bacca rossa sono le varietà oggi del progetto avviato con la vendemmia 2023 e di durata quinquennale. Da Menfi all’Etna, dall’entroterra a Marsala, una regione che sugli spumanti crede e investe: la Sicilia, infatti, vanta un terroir eccezionale, caratterizzato da una combinazione di terreni vulcanici, clima mediterraneo e altitudini variabili. Queste condizioni geografiche uniche consentono la produzione di uve di alta qualità che conferiscono ai vini siciliani un carattere distintivo.