È trascorso qualche giorno, giusto il tempo di poter affrontare altri impegni lasciando che sedimentasse la grande soddisfazione di aver partecipato all’evento e di averlo condotto insieme a un amico non che a uno dei personaggi più carismatici che hanno attraversato il mondo del vino italiano negli ultimi cinquant’anni il professore Attilio Scienza.
Sala Dante era gremita da giornalisti provenienti da diverse parti del mondo che hanno seguito, a mio parere in modo attento, la parte scientifica in cui Scienza percorreva la storia e il viaggio dei vitigni lungo la Via Francigena partendo dalla Valle d’Aosta per arrivare alla Toscana, passando dal vitigno valdostano Petite Arvine per arrivare poco sotto all’Erbaluce di Caluso, proseguendo col Timorasso, la Malvasia di Candia dei colli Piacentini, la Spergola emiliana, il Vermentino di Luni fino ad arrivare alla Vernaccia di San Gimignano.
Un’ora di lezione accademica in cui la conoscenza è diventata strumento comunicativo. Io mi sono limitato a presentare i vini delle aziende che rappresentano quei territori; sei vini di quelle aree viticole, esterne a San Gimignano, e sei Vernacce trovando il piacere di scoprire e far presente ai presenti quante affinità vi siano non solo fra quei territori in termini geologici, ma soprattutto fra quei vitigni, tutti imparentati fra di loro e fra quei vini, tutti ricchi di profumi, sapidi, verticali e meravigliosamente LONGEVI alcuni dei quali hanno toccato punte di eccellenza grandiose.
Stappare una Malvasia del 2005, delle Vernacce di 8 e 10 anni e oltre è stata una gioia che purtroppo non ho potuto condividere con gli altri, ma sufficiente per darmi lo spunto e partire dalla longevità, da quel fattore temporale che fa grande un vino, nella mia relazione introduttiva.
Ma quando un vino è un GRANDE vino?
Non basta dire: perché mi piace. La soggettività non è sufficiente a definirlo un GIGANTE della viticoltura mondiale. Come non basta che una guida o un giornale lo definisca tale; del resto quanti vini hanno preso premi e riconoscimenti vari per rimanere, anonimi dopo qualche decennio.
Conta lo storico che possiede quella etichetta.
Un vino è un GRANDE perché sono almeno 100 anni che generazioni di consumatori, appassionati, critici e tecnici lo hanno definito unanimemente in quel modo.
Sono gli stessi che sono stati disposti, per oltre un secolo, a pagarlo un prezzo maggiore rispetto agli altri, essendo confortati dal grande livello qualitativo che nel tempo ha saputo mantenere quel vino.
La loro principale dote è la capacità di attraversare il tempo, di essere LONGEVI. In quella sede ho cercato di far comprendere che per un vino bianco la longevità è una opportunità perché nel tempo quei vini hanno saputo mantenere inalterato il talento di chi li ha realizzati facendo ritrovare la meraviglia di un momento, quello in cui si stappa una bottiglia di 10, 15 anni e oltre.
Spero sia capitato spesso anche a voi di aprire una bottiglia di vino bianco che ha sulle spalle quegli anni. Per me aprire un’ottima bottiglia simile equivale ad assistere a un evento. Se quel vino si è evoluto durante la permanenza in bottiglia e l’ossidazione non ne ha mutato il suo valore organolettico, e le sue componenti lo hanno fatto rimanere integro all’idea che lo ha generato, vi troverete davanti a qualcosa di meraviglioso.
A me la cosa da gioia, mi riporta alla mente quel territorio, quell’annata, quel vignaiolo e tutte le altre annate che si sono susseguite di quella etichetta per arrivare a quel prodotto magico. La longevità è legata a fattori umani e produttivi a qual particolare termine che identifica gli aspetti pedoclimatici, geologici, scientifici e umani che compongono il terroir.
Il vino va pensato per farlo essere longevo, dietro ci deve essere un progetto, ma poi una volta messo in pratica quel vino deve allontanarsi dalla mano dell’uomo: qualsiasi intervento, integrale o meno, lascia una traccia al vino, influenza l’aspetto gustativo ed aromatico. Allontanarsi nel tempo mette in luce la cura e il rispetto dell’uomo per un territorio e per l’uva che ha coltivato e fa cogliere a pieno l’essenza del vino.
Ma cosa è la longevità?
Pascal la definisce una breve e intesa eternità – ha un valore umano enorme perché dà la forza di rinunciare alle rinunce. Vuol dire credere che il tempo trascorso abbia un valore, che quel tempo conduca a un domani diverso da quello che pensavamo per le persone o le cose a cui teniamo che credevamo esauste e alla fine dei loro giorni…
La longevità vuol dire comprendere che non è più possibile fare tutto, ma ancora molto è permesso. In questo breve intervallo possiamo progredire nella duplice strada della lungimiranza e della conoscenza.