Asti Moscato e l’effervescenza Italiana
Di Federico Ferrero
Un vino romantico con note fruttate e floreali. Aromatico, fragrante, intenso e persistente. Suadente e non stucchevole, dal colore dorato e dal retrogusto di miele, di glicine, di sottobosco erbaceo. Con o senza effervescenza, predispone perfettamente le papille ad accogliere un trancio di foie gras, con cui aprire un pasto importante. E danza con gli ammennicoli che lo accompagnano, come le gelatine di frutta e il pain brioche, rinterza con i piccoli frutti di bosco, rimpalla con i chicchi d’uva, incontra con successo il caramello delicato della griglia che scurisce al contatto e rende croccanti la carne ed il pane. Va a nozze col metallo del fegato spadellato, con le frattaglie al pepe e con le interiora nell’omento, nella versione francese o in quella toscana. Così come con i pasticci di selvaggina alle bacche indonesiane e con i piccoli bocconi orientali delicatamente piccanti, serviti ormai in ogni menu degustazione basato su svariati modici assaggi.
In virtù dello zucchero, poi, come insegna la scala Scoville, si dimostra il miglior antidoto del peperoncino. É l’unico vino capace di nettare la bocca dai cibi piccanti, etnici e drogati, che sono la tomba del sapore di qualsiasi uva fermentata. Vino coltivato sui pendii di colline assolate, nella preistoria abitate dal mare, adora il salmastro. Accompagna alla perfezione le acciughe del Cantabrico maritate al burro di zangola a mezza salatura. Fa da sponda al pesce crudo. E manda la bocca in brodo di giuggiole se abbinato ad alghe e bottarga.
Ma quest’oro giallo esalta alla perfezione un’altra pepita, del sottosuolo. Amalgama infatti con grazia i profumi del tartufo, sia bianco che nero, dalla carne cruda al panino gourmet al gelato. A tutto pasto accompagna la bagna caoda, la fonduta, gli spaghetti con la colatura d’alici, le pizze più saporite e il pesto più esasperato. L’idea che l’abbinamento perfetto del dolce sia con una bevanda ulteriormente zuccherina infatti è smentito, oltre che dal buonsenso, anche da qualsiasi concetto gastronomico moderno. Molto meglio appaiare acidità e amabilità, salato e nettarino. Fatti salvi naturalmente i gusti personali, che affondano le radici nell’esperienza gastronomica personale, nel conforto della memoria del consumo in famiglia e nella forza della riproposizione di decennali rituali, che rendono piacevole ripetere certi abbinamenti e certi sorsi in alcuni periodi dell’anno.
All’ora di merenda, in famiglia, da tradizione, si è sempre servito all’ospite di riguardo col salame, per attenuarne l’irruente contenuto di sale, di pepe e di noce moscata. Ma pure in virtù del basso grado alcolico, che ne facilita il consumo a stomaco vuoto e che ne fa anche un campione dei giorni più torridi, grazie a cui si è attestato negli anni come un grande vino da pomeriggio. Ottimo anche per accompagnare o condire una macedonia ghiacciata, e meraviglioso in un dissetante long drink. Proprio nei cocktail può trovare uno dei territori di maggior efficacia, portando in dote un contenuto di zucchero e di aromi di frutta già integrati nella bottiglia e pronti a sposarsi con bevande, superalcolici e finiture. Continua in ogni caso a essere un irriducibile amico dello zabaione montato al momento, dei minuscoli pasticcini piemontesi, del torrone, dei torcetti. É l’amico delle feste comandate, il demiurgo dei brindisi di fine anno e il passepartout delle celebrazioni. Ah sì, dimenticavo, con pandoro e panettone non sbaglia un botto. Il Moscato, nella versione secca o Asti Spumante è un vino senza orario e senza stagione, senza regole, da vivere senza preconcetti. Provate a superarli con gli spunti che ho voluto regalarvi dal cuore e dal palato!