Chalet Euthalia: è sbocciato un fiore nei boschi di montagna
Di Silvana Delfuoco
“Che cos’è per me questo posto? Di sicuro un punto di arrivo: un po’ perché ci sono affezionato visto che qui sono nato e un po’ anche per gli anni che passano, facendomi venir voglia di fermarmi a riflettere. Ora poi abbiamo attivato anche le camere, che sono un ulteriore invito alla stabilità”. Siamo a San Giacomo di Roburent, 1100 metri sulle Alpi occidentali in provincia di Cuneo, in compagnia di Gian Michele Galliano che ci sta raccontando, con la passione di chi questa vita da chef continua a scegliersela ogni giorno, come è nato il suo ultimo progetto: lo Chalet Euthalia, una costruzione in stile alpino che sorge proprio dove l’asfalto finisce e comincia il bosco. Dietro lo Chalet dove tutto, dalla solida struttura alla facciata di pietra e vecchio legno di recupero alle piccole finestre caratteristiche, parla di rispettosa attenzione alla vita di montagna, si apre infatti un ampio parco alberato dove si può passeggiare tra i profumi delle erbe alpine per poi fermarsi a riposare negli spazi aperti all’ombra degli antichi fienili: anche per il logo è stato scelto un fiore, il tarassaco o “soffione” per i bambini. Cinque le camere dai nomi suggestivi: la Piccolina, la Due Cuori, il Nido, la Suite d’Alpeggio, la Grangia. Tutte diverse una dall’altra e tutte arredate con pezzi recuperati in antiche case rurali della zona ma anche con tutti i comfort offerti dalla moderna tecnologia.
“Ho voluto le camere non soltanto per offrire un servizio ormai quasi indispensabile ai clienti del ristorante che arrivano da lontano. Tornare da qui la sera – ci spiega ancora Gian Michele – non è affatto agevole, anche se forse la ragione principale è un’altra: questo è un luogo nato per suscitare desideri e, per ottenere questo effetto, richiede di essere vissuto. Magari – sorride – passando un’intera giornata in montagna: il piacere di stare al sole, di entrare nel bosco, di dormire nel calore di uno chalet… E questo non soltanto in estate, che resta comunque la nostra stagione migliore. Nel nostro paese, San Giacomo di Roburent, c’è infatti una piccola stazione sciistica invernale. E, ad appena venti minuti, c’è Prato Nevoso: un comprensorio molto grande e molto frequentato, da dove raggiungere per cena il nostro ristorante è facilissimo”. Già, perché il cuore di tutto lo Chalet Euthalia resta, sempre e comunque, la cucina. Una cucina che parla, come è ovvio, la lingua del territorio, come dimostrano i patti del menu che stiamo sfogliando, seduti a un tavolo della sala ristorante.
Una sala imponente, di una eleganza inconsueta e quasi sontuosa che, almeno in apparenza, contrasta con la rustica semplicità del resto della struttura. È stato Giuseppe Galliano, il padre di Gian Michele che si è occupato personalmente della ristrutturazione, a voler ricreare qui la stessa atmosfera di ricca opulenza che, a fine Ottocento, si respirava nei salotti benestanti di queste zone, influenzati dall’esibizione del lusso che dilagava nella vicina Francia di Napoleone III.
“La montagna – chiarisce Gian Michele – da sempre unisce e non divide. Ed è inevitabile che, trovandoci sul versante opposto della Savoia, proprio la montagna sia diventata occasione di incontro e di scambio con quella regione. E io non posso certo dimenticare gli insegnamenti della mia prima e insuperabile maestra, la signora Mary Barale del mitico Rododendro di Boves. Da lei ho imparato le basi delle salse della cucina francese, che poi ho affinato negli anni andando a conoscere da vicino i cuochi d’oltralpe e adattando le loro tecniche alle nostre tradizioni”. Ecco allora arrivare in tavola salmerino, robiola, carota, salvia, dove un pesce rigorosamente di montagna si sposa perfettamente con una salsa che mescola una punta di robiola di capra fresca e appena acida con le erbe dell’orto. Un abbinamento ardito, ma che nasce da un’osservazione acuta: “Un pesce che nuota nelle acque nei nostri fiumi, dove ad abbeverarsi vanno le mucche che poi danno il formaggio: quindi tutto alla fine si tiene, tutti gli ingredienti appartengono a una natura comune”.
La stessa natura comune che suggerisce il Bolè Fricasà: funghi, patate, salsiccia, tuorlo d’uovo – piatto povero della tradizione delle famiglie – “cui io ho aggiunto – chiarisce lo chef – la salsiccia e un tuorlo per renderlo più cremoso al palato”. Ma il piatto che meglio rappresenta l’idea di cucina di Gian Michele Galliano, quasi un’icona del suo percorso di ricerca, è certamente Il Bosco. Serviti all’interno di una corteccia di legno ci sono i sapori della terra: dalle lumache, ai funghi, ai licheni alle erbe spontanee, il tutto legato insieme da un gelato di mandorle, pane e aglio novello e da una schiuma ricavata dal terriccio dei funghi. “Il Bosco – spiega ancora lo chef – è un piatto diverso per ogni stagione: il verde diventa sempre più scuro man mano che si va verso l’inverno, proprio come il bosco vero quando ci si cammina dentro. Cambiano sapori, profumi e colori. Cambia il piatto nel tempo, proprio come cambio io!” E la cucina del futuro, di Euthalia, che sorprese potrà ancora riservare? “Ricordo sempre quello che qualche anno fa mi hanno detto Aimo e Nadia Moroni, che con i loro spaghettoni al cipollotto hanno creato un’icona della cucina italiana: se un piatto appartiene alla tua tradizione, ed è una cosa semplice, continua a farlo. Ma scegli per lui gli ingredienti migliori e fallo meglio degli altri!”. Una raccomandazione che Gian Michele Galliano, ne siamo certi, terrà sempre ben a mente nel procedere della sua ricerca.