Davide Scabin: lo chef è tornato!
Dallo scorso novembre uno tra i più noti ed ecclettici chef della ristorazione italiano è ritornato alla ribalta, chiamato alla guida della cucina del torinese Grand Hotel Sitea.
di Silvana Delfuoco
Davide Scabin, interprete tra i più ecclettici e fantasiosi della cucina italiana, dallo scorso 15 novembre è alla guida del Ristorante Carignano, all’interno del torinese Grand Hotel Sitea. Chiamato dalla proprietà di questo “Locale storico d’Italia”, il suo ruolo sarà quello di direttore creativo e dovrà gestire tutta l’offerta ristorativa.
La presenza dell’inventore del rivoluzionario cyber egg tra le sale di uno dei luoghi simbolo della “compostezza sabauda” può forse aver costituito una sorpresa per molti, ma non certo per Scabin:
«In realtà questa è una dimensione che mi sono subito sentito quasi cucita addosso. Né troppo piccola né troppo grande ma giusta per far ripartire, dopo questi due anni di stop forzato, quella che è sempre stata la mia indole. Penso di aver trovato qui una giusta scuderia, dove sanno come farmi correre e io so come far correre altri cavalli. Una sorta di ponte d’unione tra la strada interrotta del Combal.zero (il suo mitico ristorante al Castello di Rivoli, aperto dal 2002 al 2020. N.d.R.) e il futuro su cui intendo ancora scommettere».
E di sicuro il primo tassello di questo ponte ideale è rappresentato dal menu degustazione da tredici portate, unico percorso per la cena serale – rigorosamente su prenotazione – nella bella saletta del ristorante dai pochi tavoli ben distanziati. Intitolato con l’acronimo Ral 6001 classic, il codice che nella classificazione europea dei colori corrisponde al verde smeraldo, il menu ha un nome a suo modo evocativo: l’intento è quello di suggerire all’ospite di sedersi a tavola «non con la preoccupazione di capire i piatti, bensì con la curiosità e la gioia di viverli senza remore». Perché, come spiega lo chef, «io lavoro nell’ottica di fornire strumenti, non sovrastrutture». E allora, dimenticate le sovrastrutture, sediamoci a tavola e godiamoci fino in fondo questa cena davvero unica!
In un ordine di servizio non convenzionale, secondo la logica dell’Up&Down, vengono serviti per primi i piatti più strutturati, allo scopo di intercettare la naturale predisposizione del nostro organismo ad accoglierli, proseguendo poi con pietanze man mano più fresche e con acidità maggiore. Così, dalla lingua brasata al Barolo, un classico della cucina piemontese amatissimo dallo chef, si passa a memorabili piatti “iconici”, come il carciofo baccarà, tonno in marinatura leggera, nato dalla semplicità del tonno e carciofini e divenuto una sorta di romantica “rosa verde a stelo lungo”. Né mancano portate felicemente inedite: come lo storione white and blac, Ral 6001, nato qui al Carignano da un lavoro di squadra con i giovani sous chef; o come, in attesa dei dessert, il cardo e king crab, felicissimo connubio di consistenza e gusto tra note amare e altre dolcissime.
Certo, un’esperienza così totalizzante e appagante – provare per credere! – come quella del Ral 6001 classic non è certo ripetibile né nell’immediato né con troppa frequenza. Ma una soluzione per continuare a giocare con questa magica cucina, per fortuna c’è: la recentissima apertura del bistrot Carlo e Camillo del Ristorante Carignano, dove si può pranzare e cenare in un contesto sempre elegante. ma più conviviale. E dove, soprattutto, Scabin continua a portare avanti il suo progetto la cui stella polare è costituita dalla convinzione che «il patrimonio del passato costituisce il vero fondamento del futuro».
È per questo che anche al bistrot la cucina viene preparata il più espresso possibile, non senza che alcune proposte, come per esempio la trippa o la finanziera, per poterne garantire la freschezza compariranno in carta un solo giorno la settimana. Questi sono i piatti, spiega Scabin «della vera cucina italiana, quella che io vorrei continuare a proporre alle nuove generazioni, che non sempre hanno avuto modo di sperimentarla. Perché questa è l’unica tradizione che conosco, quella che dal passato guarda al futuro. Vorrei fare questo per contribuire, a modo mio, alla salvaguardia dell’unico valore che davvero mi preme: non veder scomparire l’identità dell’autentico gusto italiano».