Il coraggio e la visione di Kurtatsch
Di Andrea Zanfi
È un fatto ineludibile: una degustazione alla cieca ti cambia. Ne esci più forte, a volte deluso, o con un grandissimo punto interrogativo in testa. Piovono domande sui limiti di un territorio o al contrario sulle sue potenzialità. Insomma, è un banco di prova da fare. Un atto di coraggio sia per chi si mette a nudo, solo, davanti al bicchiere ed è chiamato a giudicare e a fare la critica, ma lo ancora ancora di più per un produttore di vino che decide, su iniziativa personale, di organizzare una degustazione di questo tipo. Non tanto per dimostrare che il proprio vino è migliore di altri ma per verificarne il livello. È quanto messo a punto dalla cantina altoatesina Kurtatsch che, per presentare l’ultima annata del suo vino di punta Tres, blend di Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, ha scelto di sfidarsi mettendo in batteria bottiglie non proprio di primo prezzo o accessibili, per quantitativi prodotti e valore di mercato: Château Haut-Brion 2016, Redigaffi 2016 Tua Rita, Château Pavie 1er Grand Cru Classe A 2016, Masseto 2016. Sorvolando sulle incredibili caratteristiche dei singoli vini e di come non tutto il panel di degustazione si trovasse d’accordo su uve e zone di produzione – d’altra parte, in una degustazione alla cieca le divergenze d’opinione sono non solo ammesse ma praticamente richieste –, quello che più mi ha fatto riflettere è stato proprio come Tres non abbia avuto troppi commenti. In positivo o in negativo. La spiegazione che mi sono data dopo qualche minuto era che fossimo tutti vergini di quell’assaggio. Essendo un vino inedito, sconosciuto per il nostro palato, la nostra memoria poteva avere qualche richiamo di vini simili precedentemente assaggiati; per esclusione ci si poteva arrivare e dire che Tres era il terzo della batteria, ma per la scrivente quella freschezza poteva anche essere figlia dei suoli dolomitici in cui nasce l’uvaggio che coinvolge Tres. L’aver richiesto di riassaggiare un’altra bottiglia, per concentrarmi solo su di lei, dopo qualche ora dalla cieca, non solo mi ha mostrato un lato di Tres che non avevo precedentemente colto, ma mi ha confermato quanto sia complesso giudicare un vino in una situazione in cui il tuo gusto soggettivo prende il sopravvento sulla ragione.
Davanti al secondo bicchiere di Tres, pensieri e giudizi sono stati rimessi in discussione. Sarà stata la bottiglia diversa? O era il mio approccio a quel vino a essere cambiato? Entrambe le cose. Il che mi porta a vedere e raccontare Tres non solo come un vino che nasce dalle tre microparcelle più vecchie e migliori dell’azienda, ma come un rosso dell’Alto Adige capace di presentarsi davanti a un parterre di grandi e non sfigurare, anzi di essere in grado di giocarsi la partita e iniziare un nuovo e personale percorso di racconto della capacità di fare vino in questo areale. Kurtatsch non teme il confronto e osa: il prezzo della bottiglia sfiora i duecento euro. Oltre alla qualità del vino, con la sua potenza ed eleganza, l’etichetta è un’opera d’arte. Dipinta a mano, rappresenta il legame della cantina con la terra; utilizzando come colore proprio il terreno dei vigneti d’origine delle uve, ogni edizione di Tres avrà un proprio leitmotiv. Per l’annata 2016, l’etichetta realizzata dalla talentuosa Carmen Maria Alber presenta la suggestiva parete “Milla”, che si ammira dalla cantina: si tratta di una roccia dolomitica su cui si erge il villaggio di Kurtatsch.