L’inaspettato incanto delle vigne urbane
Di Alessandra Piubello
Lo stupore dell’inattesa bellezza. La scoperta di filari di vigne nascoste all’ombra di un chiostro, l’incontro con viti appartate lungo le mura cittadine. La gioia di poter camminare le vigne anche in città, come epoche fa facevamo, abituati com’eravamo a produrci il vino in casa. Poi le vigne sono migrate in collina ma alcuni esemplari sono sopravvissuti, a testimonianza dello storico legame con quei grappoli spiati fra le mura delle nostre case. Incappare in gioielli verdi incastonati nel cemento urbano è un piccolo miracolo. Un patrimonio storico, culturale, paesaggistico, artistico, enologico e viticolo che va protetto. Sono vigne in qualche modo ‘eroiche’, nel senso che sono scampate all’urbanizzazione, un fagocitamento che sarebbe stato lucrativo ma avrebbe tolto dei tesori di biodiversità all’umanità. Dobbiamo ringraziare i custodi di questi angoli di paradiso strappati all’inurbamento. Ognuno ha la propria storia, la sua individualità.
“La mia esperienza – racconta il fondatore di Urban Vineyards Association (UVA), Luca Balbiano – con la gestione della Vigna di Villa della Regina di Torino, iniziata nel 2008 e terminata nel 2023, mi ha persuaso dell’importanza di creare una rete per valorizzare le vigne urbane. Nel 2018 invito a Torino i custodi di tutte le vigne urbane conosciute. Ci fu una convergenza totale: tutti noi, che avevamo accettato queste difficili sfide per il recupero e la rinascita delle vigne urbane, avevamo le stesse criticità e un’associazione avrebbe potuto aiutarci con soluzioni comuni”. Nel 2019 nasce ufficialmente l’associazione, che inquadra la vigna urbana come esempio di rigenerazione delle città sia sul piano del turismo sia su quello della qualità della vita per i cittadini. Un unicum in grado di rivoluzionare le aree urbane e di diventare il simbolo di un modello di vita più sostenibile.
“Ogni vigneto urbano – dichiara Balbiano – nasce da una storia di popolo, e a questa storia lo restituiamo nel valorizzarne l’origine. Ciò che UVA ha riscoperto nelle vigne metropolitane è un’opportunità di vita sociale più sicura, più sana, maggiormente a contatto con la natura e più accessibile, che rende più bella la città che le ospita: per queste e altre ragioni, un modello per la ridefinizione della nostra società alla luce delle sfide del secolo”.
Attualmente sono dodici le vigne urbane dell’UVA, da Venezia a Siena, da Catania a Palermo, da Bergamo a Barcellona, da Parigi a Lione, da Avignone a New York, a Salonicco. Queste oasi in città stanno riscuotendo interesse, perché richiamano un pubblico trasversale. Per entrare in UVA, che sta passando al vaglio varie richieste in Italia e in Europa, occorrono una vocazione culturale e turistica e un’apertura alla collettività. Le vigne urbane devono essere attualmente o in potenza produttive e sono verificate con un sopraluogo. Gli obiettivi associativi a breve termine riguardano la creazione di percorso turistico tra tutte le vigne UVA, in modo da creare un’offerta sistematica. Si sta anche individuando in ogni città che ospita un vigneto UVA una struttura che permetta di poter assaggiare tutti i vini prodotti e in vendita degli associati. Ogni anno UVA organizza un evento di presentazione e di comunicazione, nel 2024 probabilmente si terrà a Salonicco. In quell’occasione si richiamerà l’attenzione sul vigneto urbano come patrimonio rurale, storico e paesaggistico di elevato valore culturale e turistico, ove si realizza l’incontro tra passato e futuro, campagna e città, lavoro e tempo libero, tradizione e innovazione.
Ogni chicco d’UVA andrebbe conosciuto nella sua storia affascinante: San Francesco della Vigna e Laguna nel bicchiere a Venezia; a Siena Senarum Vinea; a Palermo Vigna del Gallo-Diego Planeta; a Catania Etna Urban Winery, a Bergamo Cascina Moroni di Valmarina. A Parigi Clos Montmartre; a Lione Clos des Canuts; ad Avignone Clos de la Vigne du Palais des Papes; a New York Rooftop Reds; a Salonicco la vigna comunale; a Barcellona Can Calopa de Dalt.