Luca Argentero
di Alessandro Bianchi
Lei ha da poco compiuto 45 anni, l’età in cui ci si volta indietro per fare un bilancio. Cosa vede invece guardando avanti?
Vedo un sacco di cose belle. Mi sento molto concentrato e decisamente proiettato sulla mia famiglia. Da qualche mese sono diventato padre per la seconda volta e devo dire che sono entusiasta e positivo per il futuro mio e quello dei miei figli. Sono convinto che con un po’ di fortuna potremo attraversare le fasi della vita con spirito consapevole e capace di adattarsi alle varie situazioni che il destino ci porrà davanti.
Ad aprile è stato pubblicato il suo primo romanzo: Disdici tutti i miei impegni; inoltre è protagonista di un episodio di I migliori giorni di Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, come si sente?
A parte la forzata privazione del sonno, dovuta alla doppia paternità, sto bene. In realtà il titolo del libro è un augurio che mi faccio. Voglio ridurre il numero degli impegni per coltivare tutti gli interessi a cui tengo davvero: la libertà assoluta è il mio obbiettivo finale. Sono fortunato a 360 gradi: l’uscita del romanzo e un film girato insieme a colleghi che stimo, mi consentono di vivere un momento davvero straordinario.
Quali sono i suoi riferimenti letterari?
Oggi purtroppo leggo poco perché trovare il tempo per leggere nelle pause di lavoro è difficile; farlo in casa, con i bimbi piccoli, è impossibile. In passato sono stato un lettore vorace. Wilbur Smith e Stephen King sono gli autori che mi hanno trasmesso la passione per le grandi storie. Palahniuk con i suoi libri folli e fuori dall’ordinario è stato un compagno importante durante il mio periodo ribelle. E poi ci sono Philip K. Dick e Asimov; adoro la fantascienza. Oggi sul mio comodino c’è Grammatica della fantasia di Gianni Rodari.
Perché ha deciso di ambientare il suo romanzo a Roma?
Per creare una distanza tra me e il protagonista Fabio Resti, immaginando che, essendo la buona parte dei lettori persone che mi seguono, questi avrebbero provato a dare il mio volto al personaggio principale. Così ho tentato di mettere uno “spazio geografico” tra noi. La storia è ambientata nel 2010 e racconta di un imprenditore senza scrupoli, un furbetto da pagina di cronaca che gravita attorno al mondo della politica con i suoi impicci e i favori sottobanco. Fabio è la sommatoria di tantissime suggestioni che trovano origine in persone conosciute nel corso della mia vita.
Nei confronti di Fabio Resti si sente più critico o più compassionevole?
Sono compassionevole: Fabio è deplorevole e deprecabile, un personaggio irrisolto; ma non posso non volergli bene. Mi fa tenerezza perché è in difficoltà: gli mancano valori e solide basi. La sua vita è un castello di carte che sta per cadere. Verso la fine del libro non si può fare a meno di tifare per lui.
Come vive il suo essere “sabaudo”?
Torino è nel cuore; la mia famiglia vive lì. La “sabaudità” è una caratteristica in cui ritrovo valori positivi. Chi non è torinese, ne intravede gli aspetti più formali se non addirittura solo la noia e il grigiore. Io ci vedo l’eleganza, la puntualità e la serietà.
Viviamo in tempi “fluidi” e poco categorizzabili; qual è la sua visione?
La libertà di essere ciò che ognuno di noi desidera deve essere totale e assoluta. Tutti devono ricercare e trovare la propria felicità. L’unico vero peccato del nostro tempo è non essere felici.
Lei è molto attivo in campo benefico: fondatore e Vicepresidente della Charity “1 Caffè Onlus”
Da dieci anni ci occupiamo di emarginazione e povertà. Abbiamo deciso di dedicarci alle persone fragili quando la loro realtà diventa insostenibile. Grazie ai nostri simbolici caffè siamo venuti a contatto con tante situazioni eterogenee; siamo fortemente radicati sul territorio. Non nascondo che vorrei destinare la terza parte della mia vita a 1 Caffè Onlus. Io e il presidente Beniamino Savio crediamo molto nella bontà di questa iniziativa.
Lei passa molto tempo nella campagna umbra
Mi sono imbattuto in quei luoghi durante una produzione e poi ho deciso di “metterci una bandierina” sopra perché tutto sommato sono vicino a Roma e quindi si tratta di un posto comodo per andare a lavorare. Lì coltivo un orto a uso e consumo della mia famiglia. Da qualche tempo ho iniziato una piccola produzione di olio che mi consente di avere un ottimo regalo sempre pronto per gli amici.