Chef per vocazione o per caso? Assaggiate una delle straordinarie “paste” con cui Nicola riesce a sedurre il vostro palato armonizzando i sapori della Calabria con quelli delle Puglie, e non avrete più dubbi. E vi verrà un brivido nel pensare ai piatti – non solo “paste”, ovviamente! – che vi sareste persi se, all’annuncio “Ragazzo cerca lavoro, purché serio” messo su un giornale torinese da sua madre, avesse risposto un imprenditore edile o un idraulico. Fortunatamente le cose andarono diversamente e, a proporre un lavoro al ragazzo di allora, furono i Fratelli Ansaldi, la cui Tavola calda a pochi passi dalla stazione di Porta Nuova a lungo fu un sicuro porto gourmet: sia per chi doveva consumare un pasto veloce, sia per chi cercava i gusti essenziali di piatti che sapevano di casa e che, a breve, avrebbero finito col diventare introvabili.
Senza i cinque anni dai Fratelli Ansaldi, senza il servizio militare alla “mensa ufficiali”, senza i ruoli sottotraccia nei ristoranti stellati torinesi e non, Nicola di Tarsia non sarebbe probabilmente quello che oggi è. E che il tono della sua voce e i suoi occhi riescono a trasmettere mentre si muove con piglio sicuro nella cucina e nelle suggestive sale della sua nuova sfida: il seicentesco Filatoio rosso di Caraglio, il più antico setificio esistente in Europa, oggi recuperato in chiave museale e, da non molto, apertosi alla ristorazione di eccellenza proprio con l’Osteria de il Nanetto
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