ROMPI Bubble’s – numero 18
di Erika Mantovan
I VITARI, Valtellina Superiore Grumello Docg 2020
Terra del vino anche noto come Nebbiolo delle Alpi, la Valtellina è un fiorire di cantine. Ed è bellissima. Da Sondrio è chiaro come la vite sia da sempre parte integrante del paesaggio, chilometri di vigne terrazzate si sviluppano da est a ovest. Dopo una certa altitudine, spuntano qua e là piccole abitazioni. Quella dell’imprenditore edile Davide Bettini è impossibile da notare a patto che non si vada a sbatterci contro. Si tratta di una costruzione perfettamente inserita nella montagna; dall’esterno si vedono solo pietre e oblò, e ha un vigneto realizzato sul tetto, in uno dei punti più alti della zona del Grumello, divisa dalla Sassella dal fiume Mallero, che scende dalla Valmalenco. In frazione Ponchiera, in via dei Vitari nel 2017 si inizia a scavare nella montagna e in poco più di 3 anni sorge la prima cantina ipogea dell’intera zona. Tempistiche da record, l’essere nel settore dell’edilizia ha velocizzato lo smaltimento delle pratiche. Lato produzione, si parte da una superficie vitata di 2,5 ettari che si sviluppano sopra e sotto la cantina, a 510 metri slm. Il nome della cantina riprende il toponimo, I Vitari. La stilistica dei vini è netta, marcatamente differente rispetto a quella in circolazione della stessa categoria. Bettini, quando ha scelto di metter su la cantina aveva le idee assolutamente chiare circa gli obiettivi che voleva raggiungere: vini di grande eleganza, freschezza ma soprattutto serbevolezza. E non poteva scegliere zona migliore di quella del Grumello per farlo. Nella parte medio alta delle colline, infatti, si trovano vini dai colori più accesi, di struttura ma non privi di quella tipica eleganza che contraddistingue i vini di questa sottozona della Valtellina. Per iniziare, e portare avanti poi, il suo progetto ha chiamato due dei più grandi esperti che abbiamo in Italia: il professor Mario Fregoni dell’Università Cattolica di Piacenza e l’enologo Giuseppe Gorelli, dedito alla produzione di grandi Sangiovesi, che col Nebbiolo hanno in comune la presenza di pochi antociani. In vigna si predilige un’agricoltura ragionata, a basso impatto aziendale. Il bicchiere di questo Grumello sfoggia materia, eleganza, grande matrice tannica talmente fine da alleggerire il sorso e proiettarlo nel finale in aromi delicati sui fiori e frutti maturi. Oltre alla sorpresa dei vini e al loro livello qualitativo, ci sono altre due informazioni da sottolineare: la cantina sarà dotata di cucina interna destinata a un piccolo bistrot con tanto di terrazza affacciata sulle montagne e, ben più importante, con l’impianto di nuovi ettari I Vitari sfonderà il tetto delle 20.000 bottiglie prodotte, una cosa non usuale per le giovani realtà valtellinesi.
TENUTA CASADEI, Sangiovese IGT Le Anfore di Elena Casadei 2018
Una famiglia che, insediatasi in diverse zone della Toscana, dalla Maremma al Chianti e successivamente in Sardegna, in provincia di Nuoro, con il suo fare efficace è diventata sinonimo di qualità indiscussa e, per questo, in grado di sperimentare e investire. In tutte le tenute troviamo almeno due fondamentali elementi: un imprescindibile approccio biologico e biodinamico in vigna, in luoghi ricchi di biodiversità, e la coltivazione di diverse uve, dalle internazionali (Cabernet sauvignon, Cabernet franc, Petit verdot, Merlot, Syrah) affiancate da quelle più tipiche dei luoghi di origine: Moscato, Ansonica, Sangiovese. La scelta di usare le anfore è presto spiegata: nel 2007, di ritorno da un’esperienza in Azerbaijan, Stefano Casadei ha deciso di impiegarle dapprima timidamente sui vini fino a spingerlo a creare una vera e propria gamma: Le Anfore, portata avanti con successo dalla figlia Elena. Una scelta presa a fronte di uno tra i più felici esiti, il Chianti Rufina Lastricato Riserva, prodotto a Castello del Trebbio (azienda di proprietà della Famiglia Casadei) che prevede un 15 per cento del blend affinato in anfora. Da qui la decisione di sfruttare al massimo del suo potenziale l’uso di questo antico contenitore, che viene interrato a 2-3 metri di profondità per permettere il minore passaggio di ossigeno possibile nonché un maggior controllo della temperatura. Ogni anno, dopo una rigorosa selezione delle uve raccolte in tutti i luoghi in cui Casadei coltiva uva, si decide cosa e soprattutto se ci sono i presupposti qualitativi per produrre il vino che finirà nella linea Le Anfore. Nel caso di questo Sangiovese, il protocollo prevede una pressatura soffice, fermentazioni spontanee e macerazione sulle bucce di trenta giorni prima di un affinamento in terracotta per sei mesi, quanto basta per percepire l’uso del contenitore ma non esserne influenzati. Senza dubbio si tratta di uno dei primi esempi, centrati, di come l’uso dell’anfora su questa cultivar riesca a mostrare un carattere inedito, più affilato, una ricerca dimensionale tutta rivolta all’energia del frutto che, alla prova del bicchiere, conquista per il suo profilo impattante. Succosità, fragranza, grande espressività e, nientedimeno, persistenza gustativa e porosità dei tannini al gusto.