Tre generazioni di ristorazione tra tradizione e modernità – Ristorante Elodia
Di Marco Signori
Oggi Elodia si gode i nipoti, mentre il suo nome è ormai associato a una ristorazione di qualità. Cuoca autodidatta, da dipendente di una delle più grandi industrie dell’Aquila è passata appunto alla sua grande passione, la cucina. A dare una svolta alla trattoria aperta nel 1974 sono però i figli Antonello e Vilma, all’inizio degli anni novanta. I passi avanti compiuti in cinquant’anni di attività si devono infatti a loro, con l’aggiunta della terza figlia, Nadia, a lungo volto del locale anche grazie a numerose partecipazioni a importanti kermesse culinarie e a qualche apparizione in tv, a farsi portabandiera di una cucina di territorio, saldamente ancorata alle tradizioni e in cui si fondono ricette teramane e aquilane, ma sempre con un occhio al futuro.
Oggi la loro cucina vive quasi un ritorno alle origini. Dopo anni in cui ha rincorso il sogno della stella – mancato per un soffio, complice il terremoto del 2009 -, la famiglia ha acquisito maggiore naturalezza e, senza ostentazioni o futili orpelli, rappresenta una delle insegne più interessanti dell’aquilano e dell’intero Abruzzo: piatti che colpiscono al cuore, oltre che al palato, che raccontano la civiltà contadina e la pasto-rizia, in cui c’è il giusto tocco di modernità senza fronzoli, uniti a una cantina che accontenta i gusti più diversi e da cui traspare la grande cultura di Antonello per il vino.
Proprio dal vino inizia Antonello, quando ancora lavora come geometra, pur dando sempre una mano nell’attività di famiglia. Si incuriosisce al punto da seguire, alla fine degli anni ottanta, uno dei primi – e rari, in Abruzzo – corsi da sommelier che, come lui stesso ammette, gli apre un mondo. Inizia una fase di approfondimento e di ricerca, che lo porta a girare molto, per scoprire alcuni dei ristoranti più importanti del paese: di lì, matura la scelta definitiva di abbandonare lo studio tecnico per dedicarsi esclusivamente alla trattoria, che nel giro di qualche anno cambia completamente pelle.
Andando ancora a ritroso, quando negli anni settanta la statale 17 è l’unica via per raggiungere il Gran Sasso (al tempo non c’è ancora l’ultima tratta dell’autostrada A24), tra Tempera, Paganica e Assergi si sviluppano diverse attività, generalmente bar con tavola calda o piccole trattorie. Elodia, che abita proprio lungo la strada, a Camarda, convince il marito, dipendente di banca, a utilizzare il piano terra della loro abitazione per avviare un bar rosticceria, che nel giro di pochi anni diventa un punto di riferimento per i paesani e non solo: il pollo in casseruola – ancora oggi piatto cult del ristorante – acquisisce una notorietà tale da richiamare avventori che raggiungono appositamente il locale. Un primo momento di svolta nel percorso che porterà Elodia ad assumere i caratteri odierni si ha quando Antonello, a vent’anni, convince la mamma a eliminare il bar per dedicarsi solo alla ristorazione. Nadia è ancora piccola, ma già gironzola per la cucina piena di curiosità: sarà lei, di lì a poco, a fare da ponte tra la cucina della tradizione, che Vilma porta avanti grazie alle ricette della mamma, e quella moderna. Una cucina che privilegia la sostenibilità, che si identifica con il prodotto tipico, ma che beneficia anche di nuove tecniche di preparazione e di cottura.
Per raggiungere una sostenibilità anche economica – grande sfida per l’intero settore –, Elodia oggi sceglie materia prima locale, si approvvigiona quotidianamente e dà molto spazio al vegetale. Solo così, è convinto Antonello, si riesce a proporre un’esperienza gourmet anche al grande pubblico. Completa l’opera la nuova cornice del prestigioso palazzo Cipolloni Cannella, nel centro storico dell’Aquila, dove è impegnata anche la terza generazione, ovvero Camilla e Riccardo, i figli di Antonello.