Versatilità cool – Terrazza Duomo 21 e Roberto Conti
Di Andrea Matteucci
“Abbreviazione gergale di combination, usata con significati di combinazione, cosa combinata, unione o mescolanza di più cose o ingredienti e simili; in particolare piccolo complesso di musica jazz”.
Così la Treccani definisce la parola combo, tanto in auge in questo periodo. È quasi, forse ormai non più, un neologismo, perfetto per siglare l’unione sinergica tra Terrazza Duomo 21, raffinato ristorante milanese che guarda alle guglie della sua iconica cattedrale gotica, e il suo chef, il già stellato Michelin Roberto Conti. Operazione tutt’altro che semplice, in una città che offre così tante possibilità di alta ristorazione, quella di proporre una cucina di altissima qualità ma allo stesso tempo di forte identità e personalità: Terrazza Duomo 21 e Roberto Conti ci sono riusciti.
Già il primo impatto, entrando nel locale, è importante, originale e di charme: colori chiari, tenui e morbidi, belle finestre floor-to-ceiling, un mélange indovinato tra il contemporaneo degli arredi e l’antico del palazzo che ospita il ristorante, senza che nulla sia fuori posto o paia eccessivo né forzato. È un’eleganza raffinata e sussurrata, mai invadente né scontata nel silenzio, pare quasi pessima ironia, di una piazza così vivace e colma di gente. Se l’occhio regala emozioni visive, anche i piatti restituiscono gli stessi vissuti, conditi di una sostanza, al palato, coerente e di alto livello: sono proposte studiate dallo chef apposta e solo per Terrazza Duomo 21, che stupiscono e affascinano, sono insieme essere e apparire. La curiosità di conoscere Roberto Conti, le sue idee, la sua vision inducono quindi a una profonda ed empatica chiacchierata vis-à-vis.
Si accenna a te come portavoce di una gastronomia “veloce, dinamica e cool”. Vogliamo approfondire?
La mia è una cucina italiana con influenza francese, per salse e fondi, basata sulla selezione di grandi materie prime e, ovviamente, aggiornata con tecniche al servizio del cuoco; mai viceversa. Cool perché, al di là del fatto che ho vissuto gran parte del mio percorso all’interno di un’importante maison di moda (e che il mio prossimo progetto farà altrettanto), mi ritengo eclettico, nel senso che adatto le mie proposte al cliente in base a dove io mi trovo e, di conseguenza, cambio anche la velocità e il dinamismo del piatto.
Quali sono i piatti più identificativi, quelli che senti più tuoi?
Amo la cucina a 360 gradi, dal kebab e birra fino alla lièvre à la royale, ma quelli che ritengo più miei, per cui sono noto, sono gli spaghetti cacio, pepe e ricci di mare, nati nel 2015 e, appunto, la lièvre à la royale, poco diffusa e cucinata nel nostro paese ma che, secondo me, è la vera prova della consapevolezza e maturità di un cuoco. Ma la vera sfida è sempre quella di dare un’impronta personale e originale a ogni ristorante con proposte e signature identitarie.
Si dice che conservi più anime…
Personalizzo il mio stile, le mie proposte e la mia brigata in base a dove il mio lavoro mi porta e al cliente che ho di fronte.
Come fai a mantenere la tua identità professionale in una ristorazione di livello dove non mancano di certo chef bravi e di importante cifra stilistica?
Prima di tutto mi ispiro solo ed esclusivamente ai grandi libri di ricette della tradizione, evitando app e siti web che raccontano e spiegano piatti e impiattamenti; in più, dato il mio amore per il fitness e per il corretto apporto nutrizionale, dalla mia cucina ho eliminato il soffritto. Non voglio che le mie proposte possano essere invadenti ed eccessive per il fegato e, più genericamente, per l’organismo.
Ci salutiamo con quattro parole che ti descrivono?
Cuoco, vivendo quotidianamente la cucina, perché senza toccare la materia mi annoio, ma con l’aggiunta, a breve, di importanti ruoli manageriali; e marito, perché accanto a un grande uomo c’è sempre una grande donna. Ma anche padre, perché i bimbi sono la realtà per la quale siamo al mondo e sono la nostra continuità; e sportivo, perché amo e pratico regolarmente il calcio, la palestra e il tennis.